Ogni giorno utilizziamo nel nostro linguaggio quotidiano parole come “follia”, “pazzo”, “matto”, inserendole impropriamente durante le conversazioni, spesso per definire una situazione o una persona.
La parola “pazzia” spesso si utilizza per intendere un'assurdità, un qualcosa di impensabile, per cui quando la rivolgiamo ad una persona, il “pazzo” assume questa immagine.
E' colui che ha un comportamento stravagante ed irrazionale.
È necessario prestare attenzione alle parole che decidiamo di utilizzare tutti i giorni nel nostro linguaggio parlato e scritto.
Le parole sono importanti, permettono di comprendere, definire e comunicare.
Nelle parole, e attraverso le parole, avviene la ricerca e la creazione di noi stessi, degli altri, delle cose, e del mondo. È nelle parole che noi ci definiamo e definiamo gli altri, nel ruolo, nei comportamenti, nei valori seguiti e nelle emozioni provate in cui ci identifichiamo.
Ed è sempre utilizzando delle parole che esprimiamo bisogni, richieste e desideri.
Le parole hanno un peso.
Possono avere poteri calmanti, curativi e in alcuni casi educativi.
Il potere delle parole è immenso per noi professionisti che operiamo in contesti educativi e di cura e possiamo fare la differenza nel costruire ponti oppure muri comunicativi con l'utente.
È importante, da parte dell'operatore, educare il mondo esterno tramite la decostruzione dello stigma e dei pregiudizi attraverso azioni concrete.
L'operatore ha una grande responsabilità durante la relazione con l'utente: deve utilizzare i giusti toni, selezionare le parole adeguate ed opportune in base al momento condiviso, allo stato d'animo e al disagio/bisogno espresso dall'utente.
Le parole, quindi, conducono, guidano, ri-educano ed aiutano; hanno il potere di rispondere a obiettivi educativi personali e non possono essere lasciate al caso o alla spontaneità.
La relazione è il modo in cui le intenzioni educative possono divenire risultati educativi.
Questa cura ed importanza viene adoperata dagli operatori all'interno della comunità alloggio per la salute mentale degli adulti “Albatros”.
Il modello di ispirazione, all'interno della struttura, è quello domestico-familiare, dove trovano risposta i bisogni relazionali, di accoglienza e sostegno.
Gli interventi educativi sono finalizzati a far crescere le possibilità di scelta, al recupero dell'affettività e dei rapporti con le famiglie d'origine, ed al reinserimento sociale.
La dimensione della casa è essenziale per declinare diritti impliciti come l'abitare un luogo e non il sostare in esso, vivere l'intimità e gli spazi comuni, avere spazi personali e personalizzabili, sentirsi al sicuro.
È importante abitare la comunità, intesa come spazio sicuro, dove costruire relazioni e interconnessioni fra gli abitanti e il gruppo degli operatori.
Essa deve diventare punto di riferimento a supporto e aiuto degli utenti nel seguire il proprio progetto di vita e nell'intensificare il rapporto con lo spazio esterno. Abitare insieme, vuol dire educare i residenti, con pratiche condivise, nel vivere gli spazi comuni e quotidiani.
Frasi come "apparecchio io", "spazzo la cucina", "posso passare l'aspirapolvere" sono solo alcune richieste fatte dagli utenti che sollecitano il desiderio di collaborazione e di sentirsi utili, coinvolti nelle mansioni quotidiane con l'obiettivo di prendersi cura della comunità come la propria casa.
Abitare il tempo: lo scorrere delle giornate nella comunità segue delle routine rassicuranti avendo degli orari indicativi su ogni momento della giornata. Degli esempi concreti sono i momenti dei pasti, dall'aiuto alla somministrazione delle terapie e i momenti ricreativi/laboratoriali che vengono programmati come il resto delle altre attività esterne (uscite o visite specialistiche).
Tutte le attività interne ed esterne alla comunità vengono programmate settimanalmente, con un momento dedicato che ricade il lunedì pomeriggio. In questa attività collaborano, a rotazione, gli utenti, ed è un momento molto importante che permette di dare un minimo di prevedibilità sugli eventi che avverranno all'interno e all'esterno della comunità.
Creare legami infondendo quel senso di appartenenza e, soprattutto Il “sentirsi a casa”: un bisogno umano profondo che può contribuire a un benessere positivo e favorire la felicità generale.
Abbiamo chiesto ad alcuni residenti: “Che cos'è Albatros per te?”
"Una seconda casa" risponde Giuseppe; "una dimora dove riposare e dove sto abbastanza bene." sottolinea Angela; "un luogo dove ci sono giorni buoni e giorni meno buoni" ribatte Giuseppina; "un posto dove poter fare un percorso per provare a migliorarsi. Mi sento accolto, ascoltato nei miei bisogni e qui ho trovato l'amicizia" conclude Gianpaolo.
I principi che abbracciano la comunità alloggio Albatros sono tanti: uguaglianza, imparzialità, trasparenza, equità, continuità, efficienza ed efficacia, ma soprattutto umanità.
Gli operatori della Comunità alloggio Albatros.
(Disegno realizzato da Angela, una residente della comunità che raffigura una sua interpretazione di “Villa Albatros” così come definisce lei la sua dimora)
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