Lock-down, quarantena…
Sono termini dal sapore lontano e antico.
Limitazioni alla libertà di muoversi, di socializzare, di compiere le “normali” attività.
Ovviamente il dolore per la sofferenza e i lutti, la enorme preoccupazione per gli aspetti sanitari ed economici globali sono stati assai diffusi e centrali in questo periodo ed hanno costituito lo sfondo collettivo di base per tutti noi.
Dallo, sia pure angusto, osservatorio di alcuni colleghi psicologi e psicoterapeuti abbiamo osservato reazioni molto diverse a questa situazione straordinaria.
Ci sono persone che hanno subito gravi disagi interiori, con sensazioni di ingabbiamento, coercizione. In alcuni casi ha prevalso un senso di tristezza, a tratti depressiva, in altri episodi ansiosi anche importanti e attacchi di panico.
In generale chi già soffriva di disturbi d'ansia o dell'umore ha peggiorato la propria condizione. Abbiamo però osservato anche alcune situazioni in controtendenza.
Si tratta di persone che di fronte a una grave minaccia collettiva hanno fatto emergere valori importanti di solidarietà, impegno sociale e relazionale, e in modo apparentemente paradossale hanno visto recedere ansie, preoccupazioni, piccoli tratti ossessivi o fobici, o addirittura hanno (almeno temporaneamente) risolto o sospeso dilemmi e crisi di natura esistenziale.
Anche al di fuori dell'ambito patologico le persone hanno reagito in modi differenti ponendosi spesso in un continuum che va dall'estremo della preoccupazione/coercizione/insofferenza all'estremo opposto descritto da frasi tipiche: “ce la faremo”; “è una occasione per migliorarci come genere e come individui”; “colgo l'occasione positiva di potermi fermare”, ecc.
Compreso il modo in cui svolgiamo i percorsi di psicoterapia, per i quali ora ci si avvale anche di video-sedute. I primi giorni di questa emergenza sanitaria sono stati caratterizzati da un grande disorientamento, gruppi di aiuto professionali sui social media hanno visto un susseguirsi di domande su come gestire queste procedure da un punto di vista tecnico e, talvolta, anche economico.
In questa fase di adattamento al cambiamento alcuni di noi hanno attraversato stati di impotenza, di rabbia, di curiosità, di preoccupazione sin dai primi colloqui on line con i pazienti e questa nuova modalità di conduzione ci ha permesso di interrogarci su alcuni aspetti centrali del nostro lavoro, ad esempio in che modo le nuove condizioni di vita influiscono sugli aspetti sintomatologici e sui fattori che mantengono le condizioni cliniche dei pazienti che incontriamo e come applicare i metodi e le tecniche che utilizziamo vis-à-vis anche in modalità online.
Il Covid-19 è fin da subito entrato prepotentemente nel nostro lavoro: il primo passo è stato quello di sostenere la tenuta psicologica attraverso interventi di validazione emotiva, di rassicurazione e di ampliamento delle strategie per regolare i vissuti emotivi, talvolta messi in crisi, oltre che dalla psicopatologia specifica del paziente, anche dal nuovo contesto di quarantena forzata. Era il momento dell'adattamento al cambiamento e del guidare i nostri pazienti verso l'accettazione radicale che ci invita a conquistare la serenità di accettare le cose che non possiamo cambiare, il coraggio di cambiare ciò che possiamo cambiare e la saggezza per conoscerne la differenza.
Una volta superata o comunque meglio gestita questa fase, ne è seguita subito un'altra, ovvero il cercare di mantenere i risultati ottenuti fino ad oggi attraverso un'attenta valutazione dei pazienti con cui si sta lavorando in versione digitale.
I risultati delle ricerche svolte negli ultimi anni mostrano che una psicoterapia digitalizzata efficace è possibile; appare però essenziale prestare attenzione ai campanelli d'allarme che ci segnala la comunità scientifica, mantenendo alta la curiosità e l'onestà intellettuale. Tuttavia, considerando che ci troviamo in un campo da implementare, è utile che noi professionisti della salute mentale siamo consapevoli del fatto che i colloqui a distanza talvolta possono rappresentare l'unica possibilità di cura accessibile per una data persona ed è quindi doveroso renderli il più efficaci possibile.
Oggi, ci troviamo di fronte a un graduale tentativo di ritorno alla “normalità”, pur nell'incertezza relativa agli scenari futuri data da un contesto socioeconomico e sanitario ancora mutevole.
C'è tanta voglia di festeggiare e celebrare la riapertura, ma anche molta prudenza sia nei comportamenti sia nelle sensazioni interiori. Vi sono è vero alcune eccezioni in Italia e nel mondo che portano fino agli eccessi dei “covid party”.
La speranza di avviarsi verso una situazione più gestibile, sia pure non ancora conclusa, sembra comunque farsi strada.
Negli studi di psicologi e psicoterapeuti sono stati adottati i protocolli previsti dalle normative nazionali e regionali, c'è quindi grande attenzione al distanziamento e l'utilizzo obbligatorio della mascherina per tutti (psicologo compreso, ovviamente).
E la mascherina fa parte del setting. In molti casi ci sembra venga vissuta come cortesia reciproca, ma al tempo stesso come una limitazione fastidiosa all'espressività propria ed altrui.
Chi utilizza tecniche di rilassamento, meditative ed immaginative, nelle quali è fondamentale l'attenzione al respiro ha spesso dovuto adattare le tecniche.
La maggior parte dei pazienti/clienti (sempre riferiti al nostro piccolo osservatorio) sono stati comunque molto soddisfatti del ritorno alle sedute in presenza accettando abbastanza di buon grado mascherina e distanziamento come parte del setting.
In alcuni casi invece si può osservare come tali limitazioni siano investite di valore simbolico come parte della rappresentazione del proprio disagio interiore.
In estrema sintesi ci pare che l'esperienza di limitazioni esteriori alla nostra libertà siano un'ottima occasione per guardarsi dentro, per scoprire le nostre limitazioni interiori e rafforzare la nostra determinazione ad essere liberi interiormente.
Sembra un paradosso, ma i più grandi scritti riguardanti la libertà ci giungono da persone più o meno famose alle quali la libertà è stata negata.
“Nel momento in cui noi permettiamo alla nostra luce di splender, noi inconsciamente diamo agli altri il permesso di fare lo stesso. Nel momento in cui noi siamo liberi dalla nostra paura, la nostra presenza stessa, automaticamente, libera gli altri”. ( Nelson Mandela)
Lo staff di AnimaèPsiche
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