Possiamo affermare che forme di meditazione hanno accompagnato l'umanità fin dalla propria nascita.
Fin dagli albori della nostra storia, infatti, si è sempre avuto bisogno di rivolgersi ad uno spazio interiore per utilizzare al meglio le nostre possibilità di conoscere, agire in modo efficace e creativo, comprendere e manipolare la realtà interiore ed esteriore.
Anche in epoca moderna le tradizioni culturali, religiose e mistiche tramandano forme più o meno complesse di meditazione.
Definire in maniera univoca ed esaustiva il termine Meditazione è assai difficile, però comunemente oggi si pensa suggestivamente ad un esotico esponente di una cultura orientale seduto a gambe incrociate, intento apparentemente a contemplare.
Contemplare che cosa?
Il vuoto secondo alcuni, l'infinito (o l'assoluto) secondo altri.
Meditazione è anche sinonimo di libertà (pur prevedendo una disciplina interiore), pertanto non vi è alcun bisogno di stabilire chi ha ragione. Anzi, molte tradizioni sapienziali hanno risolto il dilemma ipotizzando che contemplando l'infinito si incontri proprio il vuoto, l'assenza di forma. Abbandonando le velleità di definizione possiamo comunque accennare alcune funzioni ed utilizzi attuali di tecniche meditative e di rilassamento.
Alla base di qualsiasi forma di meditazione vi è una presenza a sé, un impegno ad esserci innanzitutto di fronte a sé stessi. Sembra semplice e persino banale: - io sono sempre presente a me stesso – potremmo forse pensare.
In realtà non è così banale.
Il mondo attuale offre continue spinte verso una esteriorizzazione della nostra vita. È importante ciò che faccio, l'immagine che voglio suscitare negli altri, è importante ciò che compro e che vendo. Difficilmente riusciamo a ritagliarci anche solo due minuti da dedicare a noi stessi senza trovare l'ennesima attività da usare come riempitivo. Anche quando siamo soli, subito ci precipitiamo a riempire il vuoto esteriore accendendo la TV o scorrendo lo schermo dello smartphone. Quando il mondo tace bisogna riaccenderlo subito.
La meditazione ci porta a sperimentare la direzione opposta: l'interiorizzazione.
Viaggio dentro di me per conoscermi per sperimentare me stesso. In questo senso il vuoto diventa denso di significato. Nel silenzio interiore posso incontrare me stesso, posso meglio conoscere ed educare le mie capacità di agire in modo creativo e focalizzato e al contempo posso contattare la mia sensibilità per la contemplazione del mondo, per cogliere la bellezza.
A nostro avviso ciò che la meditazione può insegnarci e farci ritrovare è assai prezioso, poiché favorisce un diretto ed immediato riequilibrio di questo eccesso di esteriorizzazione che spesso può nutrire forme di stress ed ansia ed anche talvolta vere e proprie crisi esistenziali. Infatti oggigiorno esistono svariati corsi di formazione ed autoformazione che comprendono l'insegnamento e l'utilizzo di tecniche di rilassamento e meditazione.
Anche in ambito psicologico, e psicoterapeutico, può risultare molto utile integrare forme di rilassamento, visualizzazioni simboliche spontanee o guidate, tecniche di respirazione (l'elenco potrebbe proseguire, ma tanto basta). Un'immagine o un simbolo possono essere visualizzati per indurre uno stato di serenità o di ispirazione o per facilitare l'emergere di specifici contenuti interiori, la semplice osservazione del nostro respiro può essere utilizzata per rilassare il nostro corpo o per migliorare la qualità dei nostri pensieri e delle nostre emozioni.
Ebbene tutte queste tecniche e modalità sono, a tutti gli effetti, forme di meditazione.
Possiamo però affermare che la meditazione è uno stato del nostro essere, una qualità della nostra coscienza che può essere attivata. Non è la tecnica specifica che ci rende più o meno “meditativi”, ma probabilmente è una questione di atteggiamento interiore.
Un amante delle passeggiate in collina che riesca a farsi positivamente influenzare dalla bellezza della natura, dalla coscienza del proprio corpo che si muove armonicamente e che al contempo, quasi per magia, riesca a far tacere il flusso incontrollato dei propri pensieri può entrare in stati meditativi molto profondi, anche se probabilmente non chiamerà il proprio hobby meditazione. Un artista nel pieno del proprio atto creativo, un'anziana signora che sgrana il rosario pregando con tutte le sue forze per il bene di un proprio caro, anche queste immagini sono possibili esempi di “atteggiamento meditativo”.
Potremmo forse (provvisoriamente) concludere proprio rimarcando che qualsiasi tecnica meditativa è solo un mezzo per accedere alla capacità umana di creare un punto più alto di coscienza, una possibilità di sentire e fare esperienza in modo più intenso ed al tempo stesso più equilibrato e sereno.
Ben vengano quindi, a nostro avviso, corsi, scuole, orientamenti diversi, poiché costituiscono una ricchezza di possibilità e sfumature per favorire l'incontro con noi stessi, a patto che non si faccia l'errore di scambiare il mezzo con il fine.
Il fine ultimo non è diventare bravi meditatori bensì quello di diventare abili ad utilizzare la meditazione per rendere la propria vita più piena, equilibrata e serena, diventare più consapevoli ed efficaci a gestire i momenti di sofferenza, ed infine di poter essere liberi al punto di poter gioire pienamente quando è il momento di farlo.
Non esiste quindi, sempre a nostro avviso, la meditazione più efficace in assoluto, ma la tecnica che può meglio adattarsi alla mia persona in uno specifico momento della vita.
Davide Fuzzi, Psicologo e psicoterapeuta
Responsabile Centro di Psicologia AnimaéPsiche Seacoop
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