Un fenomeno di cui recentemente si parla spesso è lo “sharenting”, che è l’unione di share (condividere) e parenting (genitorialità): si tratta del fenomeno della condivisione assidua da parte dei genitori di contenuti che riguardano i propri figli minori (fotografie, video, documenti, ecografie…)
A gennaio 2025 il Garante della Privacy ha diffuso uno spot dal titolo “La sua privacy vale più di un like”, una campagna di comunicazione per sensibilizzare i genitori sull’istinto di pubblicare sui social in modo quasi ossessivo contenuti relativi ai propri figli.
In Italia, la normativa sulla privacy per i minori è regolata dal GDPR (General Data Protection Regulation) e dal Codice Privacy, che stabilisce che il consenso per il trattamento dei dati personali di un minore è valido solo a partire dai 14 anni, mentre sotto tale età è necessario il consenso del genitore o tutore.
Ma quali sono i rischi dello sharenting?
A parte i rischi più pericolosi, si pone comunque una questione etica e psicologica: sovraesponendo i minori online creiamo loro una narrazione digitale inconsapevole e non consensuale con la quale dovranno comunque fare i conti crescendo.
I genitori sono quindi chiamati a mettere dei limiti per evitare di mettere a rischio la privacy e l’identità dei propri figli.
Cosa fare quindi per ridurre i rischi?
L’utilizzo massiccio dei social media ci ha portato a pensare e a credere che condividere sia un modo per stare in contatto con gli altri e renderli partecipi della nostra vita.
Dimenticandoci molto spesso che gli altri sono spesso conoscenti o estranei. E dimenticandoci che la diffusione online è “per sempre”.
Essere genitori e adulti consapevoli ci obbliga a tutelare i nostri figli evitando di creare loro potenziali pericoli e/o situazioni psicologicamente dannose.
Una foto in meno e due chiacchiere in più sono sicuramente un modo per essere meno social ma più sociali!
Simona Landi- Responsabile comunicazione di Seacoop
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