La Paura del “diverso da noi”

Razzismo, intolleranza, xenofobia… anche l'ONU nei mesi scorsi ha lanciato un allarme globale, così come in Italia si vive un periodo di grandi tensioni e la dialettica del confronto sociopolitico pare sempre più alla deriva verso linguaggio e argomentazioni assai estremi e persino oscurantisti.

Intolleranza ed etnocentrismo hanno da sempre accompagnato lo sviluppo della società umana. Alcuni studi antropologici sostengono che questo atteggiamento di chiusura di un gruppo rispetto all'esterno abbia avuto un valore evolutivo, agli albori della civiltà, nella competizione per la sopravvivenza dell'uomo. In realtà la tematica è alquanto controversa poiché, sempre a livello antropologico, si valuta che l'apertura verso l'altro, la contaminazione, la curiosità e l'accoglienza siano stati atteggiamenti quanto mai essenziali per lo sviluppo e l'evoluzione dell'umanità.

A livello individuale, generalmente, le persone non si considerano razziste o xenofobe, nonostante i nostri comportamenti e i nostri pensieri a volte esprimano intolleranze o pregiudizi spesso non registrati dalla nostra coscienza o comunque minimizzati.

C.G. Jung sosteneva che esiste una porzione inconscia della nostra personalità, chiamata Ombra, nella quale vengono confinate le parti più indesiderabili o meno metabolizzabili di noi. Se i miei valori, ad esempio, sono quelli del pacifismo e della non-violenza, facilmente gli aspetti più estremi della mia istintività aggressiva possono essere rifiutati dalla mia coscienza e confinati appunto nell'Ombra; se sono un uomo molto ligio al dovere, la mia spinta aggressiva e liberatoria, e il desiderio di trasgressione, invece di essere accettati e integrati nella mia personalità cosciente potrebbero anch'essi essere spinti verso parti inconsce della psiche e rafforzare l'Ombra.

Più in generale, in base al modello psicodinamico, si suppone che tutto ciò che viene confinato nella dimensione inconscia continui ad agire e prema per essere espresso al di fuori della giurisdizione della nostra volontà cosciente.

Uno dei postulati di S. Freud, padre dell'approccio psicodinamico, esprime infatti la necessità intrinseca delle nostre spinte pulsionali (la libido, ovvero l'energia vitale, ma anche l'aggressività) di trovare una forma di espressione. In questa cornice teorica possiamo quindi supporre intolleranza e razzismo come fenomeni proiettivi di nostre paure, malesseri, difettualità e aggressività inconsce.

Una qualità umana che può essere decisiva per ridurre tali fenomeni è l'accettazione. Accettazione non significa rinuncia al cambiamento, resa; al contrario riuscire a tollerare la presenza in se stessi di elementi indesiderabili e spesso opposti rispetto ai nostri valori è una delle forme più alte e trasformative di consapevolezza.

Attraverso l'accettazione si promuove infatti l'integrazione evolutiva della personalità.

Favorire una tolleranza “attiva” verso le nostre parti indesiderabili, favorisce una sintesi più funzionale e via via più evoluta della nostra personalità e tende anche ad abbassare la nostra tendenza alla proiezione.

L'individuazione e l'integrazione della personalità consentono non solo una parziale liberazione dai nostri mostri interiori ma, ciò che più conta, favoriscono un'evoluzione armonica delle dinamiche interne, mediante la possibilità di utilizzare le nostre spinte aggressive in ambiti vitali positivi o quantomeno più innocui per sé stessi e per gli altri. Sembra un paradosso, ma più consento all'aggressività di esistere, più risulta possibile indirizzarla e di integrarla, con il risultato di essere una persona meno violenta e intollerante anche nelle mie relazioni e nei miei comportamenti.

Oltre al lavoro sulle proprie dinamiche inconsce, va da sé che la promozione individuale e collettiva di valori umani quali l'empatia, l'universalità, la fratellanza e la comunicazione sono irrinunciabili per compiere quel salto evolutivo che probabilmente è necessario a livello globale. E fortunatamente tali valori sono promossi da idee e comportamenti virtuosi che si contrappongono alle chiusure involutive ed oscurantiste citate in apertura. Per far sì che tali tendenze prevalgano a livello individuale e collettivo riteniamo comunque essenziale il lavoro costante sulla propria personalità per scongiurare il rischio di una separazione fra idealità (che degrada in idealizzazione) e comportamenti reali.

In chiusura vorremmo anche richiamare l'importanza di prevenire alla radice la paura dell'altro
mediante una grande attenzione all'educazione, promuovendo progetti e programmi pedagogici volti a favorire il contatto e l'espressione delle proprie emozioni, la conoscenza di sé e le abilita relazionali.

Dott. Davide Fuzzi
Psicologo e Psicoterapeuta Centro “ AnimaéPsiche” Seacoop

Immagine di Paolo Scozzafava

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