Il primo assioma della comunicazione è: "È impossibile non comunicare (Watzlawik, Pragmatica della comunicazione umana)”. Perché prima delle parole, parlano i gesti, i volti, i corpi e i silenzi.
Prima di occuparmi di comunicazione ho lavorato tanti anni con persone disabili e con persone con problemi psichiatrici. E questa esperienza oltre che ampliarmi il cuore, ha ampliato il mio orizzonte comunicativo.
Ho imparato ad osservare sostituendo, a volte, lo sguardo con la parola. Molte delle persone di cui mi occupavo avevano deficit della comunicazione verbale o assenza di comunicazione verbale. E la meta comunicazione era il canale privilegiato con cui entrare in relazione. Decodificare un movimento o l'assenza di movimento, lo sguardo triste o lo sguardo fiero, una stretta di mano o un gesto negato mi ha insegnato che per comunicare è necessario stare in ascolto.
Di se stessi e del nostro interlocutore.
Sono passati alcuni anni da allora, ma quelle esperienze sono diventate parte integrante della mia “valigia degli attrezzi”.
Il mondo del sociale è un mondo fatto di persone. Di attimi, o di anni di vita. Di storie da ascoltare e di storie da raccontare. E raccontare gli altri è un compito di estrema responsabilità.
Viviamo in un'era di sovra comunicazione. Stimolati continuamente da fiumi di parole. Da immagini che scorrono. E talvolta non ci accorgiamo che in questo fiume in piena corriamo il rischio di perdere l'essenza dei contenuti.
Comunicare il sociale è riuscire a trasmettere delle emozioni. Autentiche in quanto legate a persone. Che hanno un nome, una storia, esperienze. E' dare voce a chi non ce l'ha. Cercando di non alterarla.
Dobbiamo avere consapevolezza che stiamo comunicando vite di altri. E la scelta delle parole e delle immagini deve essere attenta ed autentica. Proprio per trasmettere chi siamo noi e chi sono gli altri.
La sintesi è fondamentale: ci impone di essere efficaci attraverso una frase o attraverso un'immagine.
Presto sempre molta attenzione alle immagini, perché esse sono vere. Difficilmente interpretabili. E soprattutto sono filtrate dagli occhi di chi le guarda.
E quanto più siamo attenti a leggere la comunicazione non verbale, tanto più saremo capaci di emozionarci e di emozionare.
Simona Landi - Responsabile Promozione e Comunicazione Seacoop
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