Benvenuti a Tecla

Del progetto “ComeTe” se ne è già parlato: si è detto che nasce per individuare una risposta personalizzata alle famiglie che cercano una soluzione di assistenza e cura per i propri cari, percorsi educativi su misura o consulenze professionali specialistiche.
Che è un progetto sviluppato a livello nazionale attraverso una rete di Cooperative Sociali.
Che grazie alla relazione di queste cooperative è possibile garantire un servizio capillare su tutto il territorio nazionale.
E che, per il Circondario Imolese, la cooperativa incaricata è la Seacoop di Imola.
È stato spiegato che il Care Manager, nome sfarzoso per indicare il responsabile del caso, è la persona che guida e consiglia nelle scelte migliori, l'operatore di riferimento per la famiglia, che la accompagna lungo tutto il percorso, dalla scelta del servizio più adeguato al monitoraggio continuo del servizio stesso, affiancando le persone nella valutazione dei progressi e per reinventare il servizio.

Ma Tecla? E WellCome? Questi due nomi nuovi che si sono aggiunti strada facendo? Cosa stanno a significare?

Tecla è un insieme di cooperative della rete ComeTe che si sono aggruppate in consorzio per creare una agenzia per il lavoro, WellCome appunto.
Tecla, la città invisibile di Italo Calvino, è la città che è sempre in costruzione, la città che misteriosamente ha inizio ma non ha mai fine. Chi arriva a Tecla si chiede che senso ha tutto quel costruire, quale è il progetto.
Chi arriva a Tecla, poco vede della città, dietro gli steccati di tavole, i ripari di tela di sacco, le impalcature, i ponti di legno sospesi a funi o sostenuti da cavalletti. E alla domanda: – Perché la costruzione di Tecla continua cosí a lungo? – gli abitanti senza smettere d'issare secchi, di calare fili a piombo, di muovere in su e giù lunghi pennelli. – Perché non cominci la distruzione, – rispondono. E richiesti se temono che appena tolte le impalcature la città cominci a sgretolarsi e a andare in pezzi, soggiungono in fretta, sottovoce: – Non soltanto la città. Se, insoddisfatto delle risposte, qualcuno applica l'occhio alla fessura d'una staccionata, vede gru che tirano su altre gru, incastellature che rivestono altre incastellature, travi che puntellano altre travi. – Che senso ha il vostro costruire? – Dunque – Qual è il fine d'una città in costruzione se non una città? Dov'è il piano che seguite, il progetto?– Te lo mostreremo appena terminata la giornata; ora non possiamo interrompere, – rispondono. Il lavoro cessa al tramonto. Scende la notte sul cantiere. È una notte stellata. – Ecco il progetto, – dicono”.

Anche nella “nostra” Tecla ci siamo chiesti cosa costruire. Un progetto che è sempre in costruzione, che non può avere fine, nato da un'esigenza di dare risposte a bisogni che sono in continuo divenire, che sono mutevoli, che hanno necessità di essere continuamente verificati e reinventati e creare opportunità di lavoro che si intersecano con i bisogni di altre persone, un incrocio fra richiesta di aiuto e soluzioni offerte, in un circolo virtuoso in cui anche le persone che offrono assistenza possano trovare dignità e benessere lavorativo.

Chiunque può rivolgersi a Tecla: chi chiede di assistenza e chi offre assistenza per anziani e per bimbi. Basta una telefonata, e inizia la costruzione del percorso con un incontro per capire il bisogno e creare la soluzione migliore. Una volta tracciata la strada, le persone continuano ad essere accompagnate da un responsabile del progetto per valutare eventuali cambiamenti di percorso, per sostenere le persone e per dare supporto a chi svolge il lavoro di cura.

Un progetto, quindi, che non si ferma, con travi (gli operatori) che sostengono altre travi (gli utenti) che a loro volta sostengono un sistema di scambio civile e sociale importante.
Tecla ha iniziato la sua costruzione, abbiamo messo le basi, i puntelli e tutto ciò che serve: c'è molto materiale in cantiere perché ogni giorno si ricomincia per proseguire!

WellCome to Tecla allora. Benvenuti a Tecla.

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